IN CANOA DA AZZANO A GRADO
Protagonisti Eddi Giorgio Luciano Renzo
anno 1981- dal diario di bordo
26 luglio – fino al Marango
Azzano, Capo di Sotto ore 9,00. Assistono alla partenza, eroicamente considerata l'ora, Pia, Maurizio e Paolo (che continua a pensare ai mobili della futura casa). Maurizio inciampa due volte a causa della notte prolungata. Eddi ha dimenticato di portare il burro, la cioccolata, l'aceto e qualche altra insignificante cosa.
Il cielo è ancora coperto e nessuno dei tre presenti alla partenza invidia i quattro “entusiasti” barcarioi. Scendiamo velocemente il Sile fino a Fagnigola, Panigai, Azzanello e sostiamo alla confluenza col Fiume in località Brische. Una prima colazione, e vengono subito alla luce le caratteristiche di Eddi e Giorgio: panini e uova sode, vino bianco e caffé con grappa. Alle 11,30 lasciamo un posto che vale la pena rivedere, sullo sfondo il salto di circa mezzo metro che le acque del Fiume formano confluendo nel Sile.

Monotono il canale Malgher fino a Corbolone, dove arriviamo alla chiusa alle 12,30 e trasbordiamo con i bastoni di ausilio. Un povero pescatore con canne grosse, nere, serie, senza parlare le sposta al passaggio delle tre canoe che riprendono acqua dopo un centinaio di metri dalla chiusa.
Giorgio osserva il salto di qualche metro e, visto che non lo rifaremo, esprime la sua opinione sui salti: bisogna farli, in fondo basta rimanere a galla.
Dopo due chilometri un casino di musica… il Festival dell'Unità di San Stino. Via diritti, tanto Maurizio ci aspetta per tutto l'anno in quello di Azzano. Ci perdiamo nei canaloni di Loncon e delle Sette Sorelle, primi incontri con volatili simpatici, che scappano appena ci vedono.
Il canale non finisce più, l'acqua è ancora verdeazzurro sporco, ancora uccelli che Giorgio definisce gabbiani e Renzo qualcosa di diverso. Non si arriva più al Marango: ogni fila d'alberi all'orizzonte assomiglia a quella della strada “Triestina”. Incontriamo alcuni pescatori, non chiediamo niente tanto siamo stanchi, ai remi come veneziani imbarcati sulle galere.

Finalmente il ponte! Ci fermiamo per mangiare, per Giorgio e Eddi la fame supera la stanchezza e divorano alcune cose. Sono ormai le diciotto, riprendiamo a pagaiare verso Caorle, stanchi morti.
Un uomo e una donna su una barca da pesca stanno scendendo le reti e poco avanti il sole filtra attraverso una grande rete stesa sopra il canale.
Non abbiamo un'idea del tempo per arrivare al bivio Caorle-Bibione e decidiamo di fermarci dove avevamo passata la notte dodici anni fa io e Luciano, con Gino, Danilo e Giulio. Era la prima discesa Azzano-Caorle, fatta con due battelli.
A cento metri dal canale, la casa colonica dove abbiamo dormito, allora deserta, ora è abitata. Chiediamo agli inquilini il permesso di piantare le tende sul campo vicino all'argine e la positiva risposta della padrona di casa è netta e cordiale.
Si prepara l'accampamento e, come succederà per tutto il viaggio, bisogna richiamare al dovere Giorgio e Eddi perché stanno sempre controllando qualche cosa e non fanno un cazzo nella prima mezz'ora. Il padrone di casa arriva con un bottiglione di vino. La prima pastasciutta, ottima, e poi tutti a dormire verso le ventitrè.

27 luglio – Oasi di Marano
Verso le sette Luciano ha già fatto la passeggiata, lo segue Renzo prima di dare la sveglia agli altri due; colazione e sul canale a lavare i piatti (Renzo e Luciano). Si parte alle nove con la marea contraria, l'acqua verde marcio. Giorgio e Eddi ogni tanto si perdono sul canalone che ora è molto largo. Inseguiamo dei martin pescatore, più piccoli dei nostri, forse più verdi ma molto belli. Aironi che si alzano in volo e altri uccelli che gridano fra i canneti.
Siamo in mezzo ad un branco di piccole tartarughe, le prendiamo in mano, si muovono appena anche quando le rilasciamo in acqua perché … tornino a casa. Finalmente siamo al bivio, il posto dove dovevamo arrivare ieri sera. Splendido, anche se si tratta di casoni ristrutturati recentemente, immersi fra canneti e tamerici. Ci fermiamo per un rifornimento volante prima che Giorgio e la sua compagna non ci mangino le canoe. Ripartiamo verso Bibione, lungo un canale più stretto e monotono, alla nostra destra la Brussa.

Un grido ci annuncia l'incontro con i Volpe: Renzo, Rosanna e Thierry in motoscafo con i Roncadin. Via tutti per Porto Baseleghe, e noi in canoa rischiamo di sbagliare canale al bivio con quello dei Lovi. Finalmente panini con ossocollo casalingo, insalata russa, spek, prosciutto cotto, formaggi, dolci, ecc. –ogni ben di Dio– secondo Giorgio. Si riparte alle quattordici e Renzo Volpe non invidia più, come all'incontro, i barcarioi che riprendono appesantiti il canale verso Bibione-Bevazzana dove arrivano dopo circa un'ora. Scendiamo a terra, alla ricerca di un telefono: i due ristoranti vicino sono chiusi fino alle diciassette, a duecento metri finalmente qualcuno può telefonare a casa da un terzo che è aperto.
Si riparte verso il Tagliamento che attraversiamo dopo il ponte di barche, riprendendo sulla riva sinistra il canale (Idrovia Veneta) dopo che, su nostra richiesta, qualcuno ci ha aperto la chiusa. Siamo nuovamente stanchi. Breve consultazione per decidere se fermarsi prima di arrivare all'Oasi di Marano o proseguire.
Luciano riprende a pagaiare, sempre in testa, non può diminuire il ritmo e rompe le scatole a Renzo che si sente le ossa rotte, mentre i due “colombi” proseguono senza grossi problemi: Giorgio resiste mentre Eddi pensa a cosa si mangerà.

Finalmente alle sei le prime bricole sulla laguna di Lignano, uno spettacolo stupendo.
Proseguiamo verso i casoni, sulla sinistra vediamo anche Marano. Una nuova energia prende tutti e i cinque chilometri che mancano vengono superati con convinzione.
Troviamo una canale che porta ai casoni. Luciano ancora sospettoso, Renzo sicuro di fermarsi, (per forza, l'aveva programmato!), mentre Giorgio e Eddi sono nel paese dei sogni ma seguono i “capi”.
I casoni sono disabitati, alcuni in rovina.

Ne troviamo uno ben tenuto, con tamerici intorno, due pontili, gradini all'entrata in graniglia con la porta chiusa a chiave, ma vicino c'è un gabinetto con secchio d'acqua a portata di mano e soprattutto c'è uno spazio erboso per le tre tende.
Seconda pastasciutta e frittata con salame. Dopo cena i due fanno un casino sul pontile per circa un'ora, prima di mettersi in carreggiata. In fondo resistono meglio dei vecchi i quali non capiscono bene come fanno.
Siamo soli, intorno a noi l'acqua dei canali, i casoni, i gabbiani e tanto silenzio. Siamo euforici per questo campeggio naturale.
(Scritto verso le nove di sera, seduto sul pontile dell'isolotto dove siamo accampati, con l'ausilio della pila).
28 luglio – Porto Buso
Dalle due i pescherecci di Marano iniziano a uscire in mare aperto e verso le cinque un insolito concerto canoro ci ricorda che siamo in laguna fra isolotti coperti di canneti e tamerici. Cessa improvvisamente appena filtra la prima luce del giorno. Due cigni a pochi metri stanno pascolando e se ne vanno silenziosi appena mi faccio vedere.
Luciano alle sei è già in movimento, pulizia personale, barba compresa. Si parte verso le nove con un cielo non completamente sgombro dalle nuvole e sullo sfondo il campanile di Marano, dove siamo diretti.
Ci dirigiamo verso le bricole, lasciando sulla sinistra il canneto, i casoni e una fila di paletti usati per la pesca, mentre lontano appare qualche solitario pescatore.
Sul canale principale che raggiungiamo e che è segnalato dalle bricole, alcuni pescherecci rientrano a Marano dove anche noi arriviamo verso le dieci. Il solito giro, mercato e piazzetta, telefonate a casa e si riparte alle dodici e trenta dopo che Giorgio e Eddi hanno raccolto le loro cose sparse sulla banchina.
Tagliamo per il canale che passa sotto il nuovo ponte, puntando a vista su Porto Buso e dopo un'ora siamo all'estremità dell'isola S.Andrea.
Sosta in acqua e Eddi approfitta per lavare la tuta “infetta” dal contatto con una “roba bianca”.
Ci muoviamo lentamente sul canale d'uscita Aussa-Corno alla ricerca di un posto per le tende: niente da fare sulla spiaggia libera dell'isola di S. Andrea per difficoltà di ormeggio all'interno della diga, mentre dall'altra parte sull'isola di Anfora, a Porto Buso c'è un cartello con la scritta “vietato campeggiare sull'isola”.

Decidiamo finalmente di mettere le tende verso le nove, quando i turisti con le barche a motore se ne saranno andati. Alle cinque, presso il ristorantino un mistomare discutibile e un bianco fuori discussione, tanto è cattivo.
Lunga attesa per le tende, che piazziamo velocemente proprio sotto il cartello di divieto verso le nove e mezza, dopo qualche tuono e l'assalto di feroci zanzare, fra i porchi di Giorgio che, come al solito, non riesce a coordinare le sue idee con le scoperte e i suggerimenti di Eddi.
In piena notte qualche passo sospetto: è un pescatore locale che esce in mare.

29 luglio – a Grado e Barbana
Sveglia alla sei per i due “capi” e più tardi per gli altri. Lasciamo Porto Buso verso le otto e trenta con cielo parzialmente coperto ma con tempo tendente al bello. Dopo qualche chilometro il canale si allarga e ci troviamo veramente in mezzo alla laguna di Grado che si estende a vista dalla terraferma al mare per alcuni chilometri. E' uno spettacolo che ammiriamo fermandoci, per riposare e per qualche foto, prima di riprendere la navigazione verso la meta finale.
Alle undici e trenta siamo a Grado, visita al Centro storico e dopo poco più di un'ora si riparte per l'isola di Barbana. Arriviamo dopo un'ora al Santuario mentre da una motobarca scendono a terra alcuni visitatori.
Visita alla Basilica senza troppo entusiasmo, in quanto si tratta di una costruzione che ci sembra recente con intorno edifici per ospitare i pellegrini. Ci ritiriamo all'ombra di alcuni alberi sulla banchina di cemento per l'ultima pastasciutta, sofferta per il vento che rallenta il punto di bollitura. Si riparte alle sedici e pagaiando fra barene e con pochi centimetri d'acqua sotto le canoe, raggiungiamo faticosamente la terraferma all'inizio del ponte che porta a Grado, dove ci stanno aspettando Maurizio e Pia.